Il Calcio italiano tra violenza e caos mediatico

20140506-161910.jpg

“Cogito, condivido, dunque sono.”

La giornata di sabato per i sostenitori del Napoli era cominciata in maniera anomala già’ dall’arrivo a Roma. Il racconto che raccolgo da Salvatore, ex appartenente ai Fedayn napoletani passato poi tra le file dei Mastiffs-1991 lascia piuttosto sconcertati, ci si chiede come sia stato possibile per la questura di Roma organizzare l’accoglienza dei tifosi partenopei in maniera cosi’ superficiale. Tutte le risposte, o le speculazioni appaiono lecite.

Una volta usciti a Roma-est, come da comunicato della questura, non era presente alcuna indicazione segnaletica per il parcheggio di Saxa Rubra, questo per molti tifosi azzurri ha significato girovagare per quasi un’ora fino ad arrivare al parcheggio ormai pieno. A fornire informazioni sul posto 2 vigili urbani, paletta alla mano indicano di proseguire tenendo la sinistra. Dopo una decina di minuti il codazzo di automobili incrocia una pattuglia della polizia che li invita a continuare sulla Flaminia, in direzione del parcheggio di Tor di Quinto, li due macchine dei vigili urbani gestiscono il traffico, e i ragazzi possono finalmente parcheggiare le proprie automobili. I 3 km che li separano dallo stadio Olimpico li percorreranno a piedi, nessuna navetta e’ stata predisposta, niente controlli ne auto della polizia durante il percorso. Particolare interessante, soprattutto se si tiene conto della rivalita’ non piu’ sportiva, divenuta ormai vero e proprio odio razziale tra le due tifoserie, e forse anche le minacce dei giorni precedenti sui social e nei forum della galassia ultras sono state sottovalutate. I tifosi napoletani vengono lasciati passeggiare nella tana del lupo senza un minimo di precauzioni durante il tragitto che li portera’ fino allo stadio. Nei minuti successivi proprio dietro quella strada a ridosso del Tevere, vicino al locale Ciak Village – come documentano anche alcuni video amatoriali – avverranno degli scontri piuttosto violenti, durante i quali saltera’ fuori una semiautomatica calibro 7,65 con matricola abrasa. Le ricostruzioni ufficiali a mezzo stampa affidate al capo della DIGOS romana Diego Parente raccontano i fatti definendoli frutto di “una dinamica semplice quanto folle” e che Daniele De Santis ex capo ultras giallorosso dei BOYS ribattezzato non si sa bene da chi “Gastone” avrebbe agito da solo esplodendo 4 colpi prima che la pistola si inceppasse. A farne le spese Ciro Esposito (25) colpito al torace, Alfonso Esposito(43) e Gennaro Fioretti. Nello stesso ospedale ( (Villa S. Pietro) dove e’ ricoverato in gravi condizioni il giovane di Scampia, Ciro, fino a ieri c’era anche De Santis,
presidiato e accusato di tentato omicidio. In queste ore e’ stato trasferito in un altro ospedale, “un posto sicuro”, sottoposto l’ esame STUB (evoluzione del guanto di paraffina) che avrebbe dato esito negativo. Adesso verra’ analizzata la Beretta ritrovata nel cestino dei rifiuti del Ciak, dove la signora Baglivo dopo aver soccorso De Santis l’ avrebbe nascosta per paura di ritorsioni.
Sulla dinamica esatta dei fatti c’e’ ancora molta nebbia, in particolare anche sull’arma da fuoco ( dichiarazioni differenti della Digos) sull’ipotesi dell’agguato premeditato ed eventualmente sui partecipanti. Testimoni oculari riferiscono della presenza di almeno un paio di persone che indossavano caschi neri , mentre per le forze dell’ ordine De Santis avrebbe agito da solo.
L’ intervista di Daniela De Crescenzo del Mattino di Napoli a Gennaro De Tommaso (“a carogn”) conferma in maniera abbastanza chiara che le ricostruzioni compulsive dei tanti giornalisti, influencers, commentatori e telecronisti interpreti di immagini costituiscono un falso informativo piuttosto grezzo.
Sul tema sono stati scritti più’ o meno volontariamente e in preda a raptus articoli mirabolanti e post speso vuoti di contenuti utili.
Arrivera’ il giorno in cui sara’ invece utile a tutti, soprattutto a chi scrive soffermarsi a riflettere sulla pessima abitudine di travisare, di reinterpretare a proprio piacimento e in maniera frettolosa certi fatti di cronaca solo per poter dire “l’avevamo previsto”, o magari semplicemente per aumentare i propri consensi virtuali.
Il giornalismo dovrebbe funzionare in maniera differente, la cronaca non puo’ essere fatta utilizzando tutti la stessa identica immagine di un capoultra’ a cavalcioni sul cancello della curva. Le immagini formano le idee, ma purtroppo in questo passaggio all’ informazione condivisa alcuni giornalisti e intellettuali come Andrea Scanzi preferiscono raccogliere il malcontento e cavalcarlo per poterlo mettere in prosa attraverso articoli e post che difficilmente risulteranno utili a far luce sui fatti, anzi, spesso capita che la fretta di condividere porti a interpretazioni e riletture poco precise. La narrazione appare alterata dalle oscillazioni degli stati d’animo. Forse ogni tanto non sarebbe male interrompere questa narrazione quotidiana per tornare a scrivere quei libri spassosi sul vino, o sulla psicologia dei cani. Avremmo tutti un’ occasione in più’ per poter ricordare col sorriso e un po’ di sana meditazione le sue incursioni nelle cantine delle Langhe piemontesi, quando ci raccontava di certi pregiatissimi rossi, quando contestava i nuovi baroni del vino. Quando si occupava di quello che sa fare meglio, lo scrittore. Oppure puo’ continuare a scrivere su tutto quello che accade, magari senza alzare tropo il gomito.

Sul tema carogna-gastone-pallottole impazzite i fatti sono passati in secondo piano, impostando il racconto in base all’ immagine piu’ diffusa, questa volta era il volto poco rassicurante di uno che porta quel soprannome li.
Si dice che a’carogn sia figlio di un esponente del clan camorrista dei Nisso, nel rione Sanita’, e cosi’ il pensiero viene subito veicolato attraverso le connessioni semplici, e proprio in quell’ istante il “virus della condivisione” prende il sopravvento nella sala dei comandi. Immagine, slogan, timbro, in una frazione di secondo e’ tutto pronto..vediamo chi arriva primo.

Sono interessanti questi nuovi meccanismi, ma occorre tornare a rileggere con calma questa storia, ognuno per conto proprio, perche’ non sembra essere andata esattamente come ce l’ hanno raccontata nelle prime battute i grandi pensatori. Andando a raccogliere pezzi finiti talmente lontano da rendere bene l’ idea della deflagrazione, l’ unico che in fondo da questa storia ne e’ uscito a testa alta, sembra proprio lui, Genny a carogna.

Tra i primi ad arrivare in soccorso al giovane Ciro, cosi’ come emerge da alcune foto di agenzia e dalla voce dei parenti del ragazzo. Seduto, a volto scoperto sulla ringhiera della curva riesce a tenere a bada un esercito tra i piu’ scalmanati e pericolosi della tifoseria italiana, il capo ultras dei Mastiffs-1991 oggi rappresentante dell’ intera Curva A ha avuto la capacita’ di mantenere piu’ o meno tranquilli i piu’ esagitati, almeno nei 90 minuti piu’ ritardo del match, eccezion fatta per alcune bombe carta finite addosso ai vigili del fuoco, ma considerate le voci che circolavano in quei minuti sulle sorti del ragazzo in ospedale (qualcuno gia’ speculava sul fatto che fosse morto), possiamo dire che l’ autogestione della curva, fino al fischio finale, ha retto, spostando l’ attenzione sull’inadeguatezza e l’ipocrisia dei governanti della politica,dello sport e di chi si occupa di ordine pubblico in Italia. Sarebbe potuta finire ancora peggio, se consideriamo fattori importanti quali l’odio tra le tifoserie, il risentimento per quanto accaduto, e il sopraggiungere di desideri di vendetta immediata. E invece come spesso accade in Italia il trofeo del peggiore finisce nelle mani degli inutili e grotteschi uomini di cartone seduti nelle tribune d’onore per loro gratuite.

A pochi giorni di distanza da quella che doveva essere una festa, ora che finalmente il sangue ha rallentato la sua corsa, l’ eco delle bombe carta e degli spari e’ svanito, qualcuno comincia a indietreggiare, a riflettere sul fatto che in fondo “a’ carogn” non ha deciso nulla perche’ se come dichiara un responsabile della polizia “La riduzione e la prevenzione del danno” è una regola dell’ordine pubblico, allora non era poi cosi’ una cattiva idea andare a tastare il polso della curva parlando con il suo rappresentante e offrendo rassicurazioni sulle condizioni di vita di uno di loro. Cosa sarebbe potuto accadere se il match fosse stato sospeso?

Il mondo ultras fatto di schieramenti, gemellaggi inossidabili, infiltrazioni politiche di tornaconto e sorveglianza diventa sempre piu’ uno strumento di controllo sociale, mai veramente approfondito. Le istituzioni se lo volessero veramente potrebbero smetterla di reprimere, ghettizzare e profilare, se avessero sul serio a cuore l’ armonia e la gioia dello sport, e non solamente gli interessi diretti e indiretti derivanti da questo sport drogato potrebbero mettere in piedi non trattative, ma civili incontri di pace tra queste fazioni ormai degenerate nella guerra fratricida. E invece no, meglio il tutti contro tutti dove ogni tanto ci si incontra, dove si promuovono liste elettorali, come nel caso del “Popolo della Vita-Trifoglio” legato ai Boys e al presunto sparatore “Gastone”che proprio grazie agli ambienti della destra della Curva Sud romana portarono utili consensi all’ex sindaco Alemanno. Chissa’ se anche in quel caso ci fu scambio di doni. Daniele De Santis, quello che riusci’ a bloccare un derby nel 2008 scendendo addirittura in campo, ordinando a Francesco Totti di non giocare perche’ le guardie avevano ucciso un bambino fuori dallo stadio, notizia rivelatasi priva di fondamento, pilotata non si sa da chi ne per quale motivo. Lo Sbroccato di Monteverde come lo definisce qualcuno, quello che minacciava Franco Sensi per avere biglietti gratis.
Vale la pena di fermarci per il momento, in chiusura, sul messaggio che passa da una scritta sulla maglia degli ultras: “Speziale libero”. Le tifoserie chiedono la revisione del processo ad Antonino Speziale, accusato della morte dell’ ispettore Raciti. Il ragazzo dal carcere di Agrigento dove e’ rinchiuso con l’accusa omicidio preterintenzionale, condannato a 8 anni, ieri continuava a dirsi innocente e dispiaciuto per la famiglia Raciti.
Intanto sulle tv italiane un sempre piu’ impresentabile Giletti ieri raccontava che “Speziale ha confessato l’ omicidio”, tra lo stupore di qualche telespettatore.
Il caos mediatico.
Agli atti resta la deposizione di un collega di Raciti, l’ autista del Discovery che dichiaro’ che quel giorno durante gli scontri feroci di Catania mentre faceva manovra per evitare che il mezzo prendesse fuoco senti’ un botto, e girandosi verso sinistra vide il corpo dell’ ispettore Raciti riverso sull’ asfalto. Per la storia giudiziaria invece fu proprio Speziale con un lavandino divenuto poi lamiera a spappolargli il fegato causandone la morte. Giuseppe Lipari, avvocato di Antonino Speziale ritiene che Raciti rimane un eroe morto per causa di servizio, ma condannare un capro espiatorio non e’ giusto. “Purtroppo in Italia non e’ la prima volta che succede”

——————————————————–
e

Victoria Park 6/5/14

Informazioni su é

Cittadino della Repubblica Italiana. Osservatore, Oste.

Lascia un commento